Attenzione! Il contenuto di questo articolo è una sintesi di parte del contenuto del libro di Carol S. Pearson “Risvegliare l’Eroe dentro di noi” la quale è stata arricchita e rielaborata sulla base delle mie riflessioni e dalla mia esperienza con l’argomento in questione.
Dopo tanta assenza sono tornata per finire la serie di articoli sugli archetipi, almeno quelli dell’Io. Questa settimana tocca all’Angelo Custode!
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L’Angelo Custode, all’interno degli archetipi dell’Io, incarna una figura materna e amorevole: è proprio questo infatti il suo compito, prendersi cura di noi.
Dopo la coppia Innocente-Orfano, c’è la coppia dell’Angelo e del Guerriero, che simili ad un padre e una madre interiori aiutano l’Io a essere adulto e indipendente. Mentre il Guerriero difende i confini dell’Io dalle minacce esterne, l’Angelo Custode lo aiuta a prendersi cura di sé stesso e a mantenersi.
È molto semplice questo Archetipo, ma non per questo è meno importante. La lezione dell’Angelo Custode è una lezione di amore concreto, inizialmente per noi stessi, e poi, ai livelli più alti, verso il mondo. Questo amore è diverso da quello dell’Innocente, perché l’amore dell’Innocente è in realtà un amore interessato, tutto teso alla necessità di essere riamati, mentre questo è un amore necessario, un dovere da compiersi. Questo è l’amore di chi assume una responsabilità e la porta avanti fino in fondo.
Non è un caso che questo archetipo coincida con un’immagine quasi genitoriale. Non si può essere dei buoni genitori se questo archetipo è assente o un’Ombra.
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L’Ombra dell’Angelo Custode è molto spaventosa, perchè trasforma l’amore e la cura in catene che imprigionano. Quando il nostro Angelo è Ombra, cessiamo di esistere per noi stessi e iniziamo a servire totalmente l’Io di qualcun’altro, di cui diventiamo l’archetipo dell’Angelo.
Non starò qui ad indagare le ragioni psicologiche che si cela dietro questo tipo di relazione morbosa, ma voglio sottolineare che questo amore, apparentemente perfetto e incondizionato, quasi devozionale, non è solo una trappola per chi lo offre, che si umilia e fa mille sacrifici, ma anche per chi lo riceve, che non dovrà mai crescere o affrontare la realtà. Farò esempi concreti come il nostro archetipo: partner che fanno da genitori all’altro, partner che consentono che l’altro continui a fare il tossicodipendente, l’infantile, l’obeso… o ancora mogli o mariti crocerossini, che sperano di “salvare” la persona che amano, genitori tossici che inebetiscono i figli e poi li accusano di essere nullità… l’elenco è molto lungo.
In alcuni individui mentalmente instabili, l’Ombra dell’Angelo addirittura li spinge ad azzoppare la vita di un’altra persona, pur di renderla dipendente da sé. Mi è sempre rimasto impresso un caso di cronaca nera in cui una madre aveva convinto tutti che sua figlia era malata, e l’aveva tenuta ferma a letto per tanti anni, anche se non aveva problemi.
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Nel mondo noi vediamo gli Angeli Custodi nei buoni genitori, nei medici e negli infermieri, in chi assiste i disabili, gli anziani, i bambini, gli animali, le piante e quante creature o creazioni abbiano bisogno di aiuto. Senza queste persone la società non esisterebbe, o meglio, sarebbe la società primordiale dove vige la legge del più forte.
Oggi, con l’accrescersi di guerre, c’è sempre più bisogno di Angeli Custodi che rispondano alla chiamata dell’Eroe.
Infatti le domande che pressano il presente sono tante: come daremo da mangiare a otto miliardi di persone? Che ne sarà di tutti gli orfani di tutte le guerre? E che ne sarà di tutti i profughi? Come ci salveremo dal collasso ecologico? Queste sono solo alcune delle domande a cui l’Angelo che è dentro ognuno di noi è chiamato a rispondere. L’esempio più lampante che mi viene in mente è Gaza, dove finita la guerra, se finirà, rimarranno tanti orfani, disabili e traumatizzati. Lì c’è bisogno di tanti Angeli, io direi almeno uno per bambino, se non di più.
Però chi sarà in grado di rispondere a queste chiamate? Il telegiornale ci ha abituati ogni giorno della nostra vita a interessarci delle sofferenze altrui, senza però mai offrirci una soluzione, facendoci sentire impotenti. Alzi la mano chi, vedendo una persona intenta a chiedere la carità, finge di non vederla ma prova vergogna dentro di sè. Tutto questo è normale, lo facciamo per difenderci, per non essere dilaniati da tutto questo dolore, o anche solo per paura di essere raggirati, trascinati via, in un mondo dove spendersi per gli altri vuol dire realmente lasciar morire il proprio ego, oggi più che mai cosa inammissibile.
L’amore dell’Angelo, lo abbiamo visto, è anche questo, la morte dell’individualismo. Quanti vivono sostenendo gli ultimi non hanno una vita dedita ai divertimenti o al soddisfacimento personale. Spesso essere Angeli è pieno di aspetti brutti, pensiamo agli infermieri che vengono picchiati dai pazienti, o ai missionari e agli operatori di ONG che vengono uccisi da chi cercano di salvare, o ancora donne con la missione di “crocerossine” che finiscono vittime del partner che volevano cambiare. L’amore dell’Angelo è terribilmente simile a quello di Cristo, ma come Cristo, anche l’Angelo Custode può morire sulla croce, e questo ci fa paura.
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Invece… l’Angelo Ombra nel mondo lo vediamo operare in quanti coloro creano problemi e poi ci offrono la soluzione; in tutte quelle organizzazioni dove gli aiuti umanitari si trasformano in catene che portano dritte dritte alla schiavitù e alla dipendenza economica. Per non parlare di quelle persone che credono di stare facendo del bene quando invece fanno attivamente del male. Ma non c’è bisogno di essere dei terremotati o delle vittime di guerra per finire fra le braccia dell’Angelo Ombra: anche il design degli oggetti, che è indirettamente una cura, può essere usato per distruggere le persone, renderle deboli e dipendenti dalla dopamina, incapaci di autonomia personale. Gli Angeli Ombra sono ovunque, e più che angeli, sembrano degli avvoltoi.
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Io e l’Angelo Custode
Ecco, ora passiamo alla mia parte preferita, quella dove vi racconto gli affari miei! ;3
Da quando ho comprato il libro della Pearson, tutto pensavo tranne che l’Angelo Custode mi riguardasse. Poi per scrivere questo articolo ho dovuto riflettervici sopra, e ho capito come invece tutti questi anni ho sofferto tanto perchè io non ero il mio Angelo. E sto ancora imparando molto! Posso dirlo qui: ho imparato a fare il brodo, ed è una cosa che mi da’ estrema gioia! Cosa centra con l’Angelo Custode? Beh, se non ti sai nutrire, come fai a farti da balia?
Il cammino che ci porta dalla totale dipendenza dai genitori all’autonomia è un cammino lungo e travagliato, e sopratutto, non è una linea retta fatta di certezza. Nasciamo dipendenti, ma non c’è scritto da nessuna parte che saremo mai indipendenti.
Mi ritornano alla mente tanti momenti in cui avevo bisogno dell’Angelo dentro di me, di una mamma interiore. Sono situazioni oggettivamente imbarazzanti da raccontare, perciò non credo che entrerò nei dettagli, ma riguardavano sempre la cura personale. A dodici anni il mio problema era la cura del corpo, lavarmi, cambiarmi i vestiti, e lo è stato per tutta la mia adolescenza: un rapporto travagliato con il lavarsi e il vestirsi. C’era questa ragazza con i capelli sempre unti, le spalle incurvate e i vestiti che cambiavano poco spesso. E non aveva il reggiseno. Ero io purtroppo. Oggi vedo il valore dei dettagli e della cura, e lo apprezzo, ma ieri vedevo solo il bisogno di isolarmi e di far capire agli altri che non mi sarei curata per loro e che per me stessa non mi sarebbe importato.
A diciotto anni, uscita finalmente di casa (si fa per dire), i problemi sono stati curare l’ambiente intorno a me e prepararmi da mangiare. Non ci sono stati solo questi, ma sono stati i principali.
Fino a ventun’anni non sapevo passare la scopa, lo ammetto. Emblematico poi l’apparecchiare la tavola.
Mi ricordo che ad un certo punto, a quattordici anni, mia madre è rientrata in casa arrabbiata con me e chiedendosi perché non avessi apparecchiato. Io non l’avevo fatto perché nessuno mi aveva detto di farlo, ma inizio a farlo, male, e vengo corretta per rimproveri, non per esempi. Per anni e anni ho fatto la tavola solo con la paura di essere rimproverata, non perchè ne avvertivo la necessità. Era l’Innocente ad apparecchiare quella tavola, per far contenta la mammina così non si sarebbe arrabbiata. Non era l’Angelo Custode.
Poi ho iniziato a pensare che effettivamente era bello per mamma, dopo il lavoro, trovare già apparecchiato, e poi infine ho imparato anche io ad apprezzare il pregio di una buona apparecchiatura della tavola. Ma a parte che non mi è stato veramente insegnato, ci si aspettava che io lo facessi in automatico senza che mi venisse chiesto. Mah.
Ora vi rivelo un segreto: lo sviluppo della corteccia prefrontale, che nelle donne inizia intorno ai 23 anni e si completa intorno ai 25, e 25 fino ai 27 per gli uomini, facilita l’autocontrollo e con questo la capacità di svolgere i propri doveri. All’improvviso ti svegli una mattina e sei una persona adulta. Ho già dimenticato com’era il mio cervello prima, eppure ricordo chiaramente quanto mi pesassero i doveri, quanto fossero odiosi! E ora invece, seppur un po’ sbuffando, li faccio. E di altri ne sento addirittura il bisogno di farli, senza che nessuno me lo ordini. Assurdo, vero?
Comunque non sono state solo queste le mie prove, non è stato solo cucinare o pulire o prenotarsi una visita medica, la mia difficoltà. Ho avuto un acquario, ho avuto da badare, anche se raramente, mia nonna, e ho avuto anche una certa parte di me da gestire… e posso dire che non sono stata un buon Angelo. Ho fallito in multiple occasioni.
C’era molta attenzione sulle mie prestazioni come Angelo e… da una parte non si voleva che io lo fossi. Dovevo rimanere Innocente per sempre. Dall’altra però dovevo esserlo, e saperlo fare bene. Nei termini dell’analisi transazionale, si può dire che ricevevo ingiunzioni contradditorie. Non mi si voleva accordare il diritto di sbagliare, di fare esperienza. Come dire… potevo fare solo l’Innocente che gioca a fare l’Angelo Custode, poi mi si accusava di non volerlo essere veramente.
Ecco dunque, spiegate, tante delle mie sofferenze. Non posso rivelare molto, nè parlare di tutto. Però posso dire che ora che sento questo archetipo vicino a me, sono molto più forte. Ho capito che non si tratta solo di saper dormire o mangiare o curarsi. C’è di più: amarsi è conoscersi. Conoscersi è amarsi. E amare è necessario per vivere.